"SARTO PER SIGNORA" 23-24-25-26-27-28-29-30-31 agosto - 1 settembre Chiostro S. Eufemia - Verona
DAL 23 AGOSTO AL 1 SETTEMBRE!!!!!!!!!!! http://www.gteinaudigalilei.it/#prossimi IL TESTO Un gros succès de fou rire". Così venne definito dalla critica nel 1887 “Sarto per signora”, primo grande successo dell'allora venticinquenne George Feydeau (1862-1921) l'autore che, con una fitta serie di opere riuscite e brillanti, avrebbe dato nuova vita al vaudeville ottocentesco, affrancandolo dalla volgarità in cui sembrava ormai caduto. In effetti questa esilarante pièce, senz'altro tra i capolavori di Feydeau, è un meccanismo comico perfetto, un congegno a orologeria che strappa risate a ripetizione: attraverso scambi d'identità, tresche, sotterfugi ed equivoci, sembra di rivivere l'atmosfera frizzante e la voglia di divertirsi della Parigi di fine '800, la Parigi che viveva e si divertiva tra giochi, sorrisi e serate all'Opèra. Le menzogne continue dei personaggi unite agli equivoci che puntualmente ne scaturiscono, generano quella comicità irrefrenabile che rende la commedia di una attualità impressionante. La morale si riduce, quindi, ad un guscio vuoto: non la si combatte nè la si attacca, perchè non ce n'è bisogno. Basta metterla a nudo per quello che è, senza cercare alibi consolatori. È la forza del teatro, che sa far crollare i muri con una risata. I personaggi dell’ opera sono quelli tipici della commedia degli equivoci. E in effetti, in “Sarto per signora” le incomprensioni, casuali e volute, non mancano di certo. Feydeau preparava i suoi testi secondo schemi geometrici in cui le uscite e le entrate, gli incontri impossibili, le false scoperte, i rimandi e le coincidenze, disegnavano figure impeccabili. Il suo gioco di agnizioni, però, i congegni comici, si rivelavano strutture costruite appositamente per riempire il vuoto di valori di una società borghese fondata solo sull’apparenza. La follia catastrofica senza senso rivelava alla fine sulla scena un crollo totale dei valori. In tutti i testi di Feydeau vi è un’implicita critica e un giudizio impietoso sulla realtà borghese della sua epoca. Renato Baldi