NEBRASKA di Alexander Payne
(USA, 2014, 115’)
Regia: Alexander Payne, sceneggiatura: Phil Johnston, Bob Nelson, fotografia: Phedon Papamichael, musica: Mark Orton, interpreti: Bruce Dern, Will Forte, June Squibb
«Woody Grant ha tanti anni, qualche debito e la certezza di aver vinto un milione di dollari alla lotteria. Ostinato a ritirare la vincita in un ufficio del Nebraska, Woody si avvia a piedi dalle strade del Montana. Fermato dalla polizia, viene “recuperato” da David, figlio minore occupato in un negozio di elettrodomestici. Sensibile al desiderio paterno e dopo aver cercato senza successo di dissuaderlo, decide di accompagnarlo a Lincoln. [...] Nebraska è una ballata folk che accomoda la bellezza e l’amore, quella di
un figlio per il proprio genitore, che prima di lasciare andare torna a guardare dal basso, in una prospettiva infantile e accoccolata ai suoi grandi piedi e al suo piccolo sogno. Intorno a loro scorre l’America lost and found insieme a una storia sincera che battendo vecchie strade, la struttura da road movie che diventa pretesto di “formazione” (Sideways), ne infila una nuova. Nebraska è una spoglia poesia di chiaroscuri, un’indicazione lirica verso le radici, verso i padri, davanti ai dilemmi di tempi paradossali e senza guida. Diversamente dagli antieroi springsteeniani, il protagonista di Payne non cerca terre promesse e non corre sulle strade di “un effimero sogno americano”, decidendo per la lentezza, l’impegno, il rispetto e il senso di responsabilità.» Marzia Gandolfi, My Movies «Alexander Payne raggiunge un equilibrio egregio: iI viaggio nella provincia americana che fa compiere a un padre e un figlio (Bruce Dern e Will Forte) in Nebraska è un ulteriore, affascinante tassello nel suo lavoro di scavo sulle fragilità e le rimozioni di un’America fintamente sicura di sé. Girato in un bianco e nero un po’ polveroso, con il suo mondo di vecchi fintamente ospitali, e invece invidiosi ed egoisti, è attraversato dalla stessa malinconia e senso della sconfitta del suo precedente Paradiso amaro. Qui con un po’ di pietà in più, visto che il protagonista è un settantenne che crede ancora a chi gli promette una vincita di un milione di dollari.»
Paolo Mereghetti, Corriere della Sera