RISATE DI GIOIA di Mario Monicelli
Regia: Mario Monicelli, sceneggiatura: Mario Monicelli, Age e Scarpelli, Suso Cecchi d’Amico da due racconti di A. Moravia, fotografia: Leonida Barboni, musica: Lelio Luttazzi, interpreti: Anna Magnani, Totò, Ben Gazzara
«Una notte di capodanno a Roma, Anna Magnani (che Monicelli trasformò in bionda) con
uno spiumato boa di struzzo, Totò con il suo vecchio frac (e Ben Gazzara, compagno astuto nell’arte di arrangiarsi). Cercano compagnia, cercano d’infilarsi in tavolate che li rifiutano, cercano di sopravvivere. Scoprono che ciascuno dei due ha solo l’altro, e non è un granché. Scintille d’avanspettacolo e commedia esistenziale. Irresistibile successione di gag e battute, amarissimo: il capolavoro sottostimato di Monicelli. Il film ritorna alla
prima visione come anti-cinepanettone natalizio nel restauro curato dalla Cineteca di Bologna: ed è, forse più di ogni altra della serie Cinema Ritrovato al cinema, un’opera da scoprire, poiché nemmeno all’epoca ebbe il successo sperato e previsto, “per via di quella vena amara e nostalgica del racconto, del clima dolente che si respira, un po’ da fine dello spettacolo, del varietà e dell’epoca dei due grandi attori, della consueta dimensione pessimista di Monicelli”. Davvero: un capolavoro.» Il Cinema Ritrovato «Ultimo dei sette film di Totò diretti da Monicelli. Il film è poco conosciuto e l’autore non ne parla quasi mai nelle sue interviste. Eppure è uno dei titoli migliori della sua filmografia come di quella di Totò. Totò qui si affranca dal burlesco e dalla farsa (dove non occorre ricordare come brillasse il suo talento) per penetrare in una commedia di costume della migliore tradizione. Vi troviamo un dosaggio specificamente italiano e quasi sublime fra l’ironia e la compassione – mai stucchevole nei confronti dei personaggi. L’autore vi disegna un superbo ritratto di Totò nei suoi eterni connotati: morale d’acciaio trionfante su ogni smacco, galanteria e rispetto delle donne (perfettamente anacronistico), incapacità quasi fisiologica di arrabbiarsi, flemma e rassegnazione»
Jacques Lourcelles, Dictionnaire du cinéma